Cronache giallorosse 

Pensieri ed emozioni dagli spalti della Sud

Viaggio all'inferno e ritorno
(postato su it.sport.calcio.roma il 07.05.2001, il giorno dopo Juventus-Roma 2-2 con pareggio di Montella al 91')

"Buongiorno vecchio amico
buongiorno e bentrovato
che piacere rivederti
sono giusto di ritorno dall'inferno..."

(Modena City Ramblers)



Buongiorno, vecchi amici. E bentrovati in testa alla classifica per la ventinovesima giornata consecutiva. Che piacere rivedervi ancora, dopo aver condiviso con voi un viaggio drammatico ed impossibile: all'inferno e ritorno in novanta minuti.
Sembrava indelebilmente scritto, dopo i due goal con cui la Juve ci ha schiantati nei primi quattro minuti, che il campionato della Roma, quella cavalcata straordinaria iniziata più di sette mesi fa, fosse finita sette giorni prima al novantacinquesimo minuto del derby con la Lazio. Che l'incantesimo di una stagione senza precedenti fosse stato spezzato da quel tiraccio di Castroman all'ultimo secondo di recupero. Che proprio i cugini, a cui dobbiamo scucire il tricolore dalle maglie, avessero stroncato la nostra corsa inferendoci una mazzata che andava ben al di là dei due punti in meno. Destino crudo e beffardo, triller cinico ed impietoso, un campionato che fino al minuto novantaquattro di quella partita era ormai vinto rivelava una tremenda botola verso l'inferno, e il cammino dei record sembrava essersi arenato lì, come la locomotiva di Guccini esplosa contro un binario morto dopo una folle e possente corsa che sembrava poter essere senza fine.
I nostri sembravano ipnotizzati da questo pensiero e vagavano per il campo come trottole spente, mentre gli juventini correvano e attaccavano come ossessi, forti del doppio vantaggio e della consapevolezza di poter segnare ancora a proprio piacimento. Qualche sprazzo di speranza nel primo tempo, un rigore su Delvecchio che forse c'era, un paio di inciampate di Batistuta su palloni che potevano essere buoni, l'ennesima papera di Antonioli che per poco non regalava il terzo goal a Davids.
Quindi l'intervallo, l'inizio del secondo tempo, la Juve che ti aspetti, tutti dietro a fare muro dal centrocampo in giù, pronti a fregarti in contropiede. Il buio definitivo. Il solo riuscire a tirare in porta sembrava impresa titanica, ogni sprazzo di gioco in avanti pareva costare energie sovrumane ai nostri, e si vedeva l'orologio camminare verso la fine pensando che non sarebbe stata solo la fine di quella partita ma di un campionato intero. Si pensava con tristezza e tenerezza ai diecimila amici saliti fino a Torino per ritrovarsi tragici testimoni della fine di tutto. Dietro si rischiava più di una volta, Samuel prima e Antonioli poi evitavano per un pelo il goal del tre a zero.
Poi un samurai di nome Hidestoshi ha strappato un pallone a Tacchinardi, ha inanellato alcuni rapidi passi di danza verso l'area avversaria, ha preso la mira, e ha scagliato un bolide all'incrocio. Due a uno.
Cristo, undici minuti alla fine, stiamo calmi, niente palloni alla rinfusa nel mucchio, è sufficiente un'azione fatta bene, una sola. Palla a terra e giocate semplici e lineari, vi prego.
Ma i minuti passano troppo veloci e quell'azione che speri non arriva. Cafu scende sulla destra, e il portiere della Juve esce con i pugni fino al limite dell'area ad allontanare il suo cross. Non c'è nessuno dei nostri pronto ad approfittare di quel pallone. Ancora Roma. Candela mette in mezzo un pallone tagliato che ti fa sussultare, ma Bati viene anticipato. La Juve spazza avanti e tiene la palla lontana dalla propria area. Finisce il tempo regolamentare, si alza il cartello luminoso del recupero, cinque minuti.
Passano i primi sessanta secondi dopo il novantesimo, ancora palla sulla sinistra a Candela. Stavolta sceglie di appoggiare all'indietro. Dove c'è ancora il samurai, che stavolta non ha bisogno neanche dei passi di danza, si concentra in una frazione di secondo e fa partire un missile che il portiere della Juve non può trattenere. Ti aspetti che la telecamera si sposti ad inquadrare uno juventino che spazzerà fuori dall'area, e invece insieme a quella bianconera di Montero vedi spuntare dal margine dello schermo due maglie rosse. Una è quella di Bati, ma capisci all'istante che è troppo indietro per arrivarci. L'altra non capisci subito di chi sia, vedi solo un giocatore che si arrampica in cielo con una impossibile mezza rovesciata pur di arrivare su quella palla prima di tutti. Ora o mai più. Non credi a quello che vedi. Goal.
Per un po' non capisci più nulla.
Era la maglia di Vincenzo Montella, scoprirai più tardi.
Sei stato un'ora e mezzo all'inferno e sei felice, perché questa Roma non finisce mai.

"... e quindi uscimmo a riveder le stelle".

Fil, 7 maggio 2001






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