DAMIANO TOMMASI,
LA VITA (RI)COMINCIA A 31 ANNI!





(le due foto qui sopra sono tratte da corederoma.it, la seconda è di Luciano Rossi)

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E' LA PRIMA VOLTA CHE DAMIANO TOMMASI TORNA IN CAMPO DA TITOLARE, DOPO 16 MESI DI ASSENZA PER INFORTUNIO: NELLA PRIMA AZIONE DELLA GARA, IL NUMERO 17 GIALLOROSSO SCATTA FULMINEO IN AREA SU UN CROSS DALLA DESTRA, BRUCIA SULL'ANTICIPO IL DIFENSORE ED INSACCA CON UNA ZAMPATA DI INTERNO DESTRO: E' IL SUO RITORNO AL GOAL DOPO IL LUNGO INFORTUNIO, L'OLIMPICO ESPLODE E CANTA PER IL SUO CAMPIONE, NUOVAMENTE PROTAGONISTA ALLA DECIMA STAGIONE CONSECUTIVA CON LA MAGLIA DELLA ROMA.


27/11/2005 Roma-Fiorentina 1-1 - 2' Damiano Tommasi


Scarica il filmato del goal (2.32 MB)



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(titoli e pagelle tratti da Il Romanista)



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Tommasi core de ’sta città

Damiano: «Una gioia immensa, condivisa coi compagni. Dedicato a mia moglie»

di Pasquale Salvione (da "Il Romanista" del 28.11.2005)

«Un gol che voglio dedicare a mia moglie, ha condiviso con me i momenti più difficili». E’ una dedica speciale quella di Damiano Tommasi, una dedica che probabilmente aveva pronta da molto tempo. Almeno da quel 26 aprile del 2003, la data del suo ultimo gol in campionato: si giocava all’Olimpico contro il Milan, sbloccò Cassano, raddoppio "Anima Candida", accorciò le distanze Tomasson. «Di grazie ne dovrei dire tanti - dice a caldo dopo la partita Tommasi - ma mia moglie questo gol lo merita proprio. Quando sono tornato in campo non è venuta a vedermi, stavolta invece c’era». E gli ha portato fortuna. Subito. Perché gli sono bastati due minuti per sbloccare il risultato. Verticalizzazione di Totti, cross basso di Cassano e zampata vincente da due passi dopo un taglio esemplare. Poi quell’esultanza travolgente, libera, entusiasmante, coinvolgente. Quel sorriso stampato sul volto nel momento dell’abbraccio con tutti i suoi compagni, una gioia immensa, riassaporata dopo tanto, troppo tempo. «Sbloccare il risultato - ammette il centrocampista giallorosso - per noi era davvero importante. E’ stata una gioia immensa segnare, ero contento non solo per me, ma anche per i miei compagni. Per una squadra non è importante chi fa gol».
Purtroppo, però, quel gol non è bastato. La Fiorentina ha acciuffato il pareggio nel secondo tempo vanificando la sua prodezza. «Meritavamo anche di vincere - ammette Tommasi - abbiamo reagito alla grande e giocato meglio anche dopo il loro pareggio. Possiamo essere soddisfatti della nostra prestazione, di fronte avevamo sempre la Fiorentina che ha dimostrato di meritare la posizione che occupa in classifica». Spalletti lo ha fatto giocare da esterno sinistro, Damiano lo ha ripagato con una prova di alto livello. Sembrava aver sempre giocato in quel ruolo: attaccava, difendeva, tagliava al centro al momento giusto. «Ho saputo che avrei giocato titolare solo in mattinata - racconta Tommasi - mi ha fatto tanto piacere. Soprattutto perché il mister mi ha schierato in un ruolo non mio, questo vuol dire che ha molta fiducia in me». Ha cominciato da bomber, è uscito dal campo da capitano. E ha chiuso la giornata condannando i cori razzisti contro Zoro: «Non è accettabile quello che è successo a Messina, non può essere una discriminante il colore della pelle». Il solito, unico, Damiano Tommasi.





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«Roma rende più forti»

DAMIANO TOMMASI: IL GIORNO DOPO DI UN GIOCATORE CHE STUPISCE TUTTI

di Daniele Lo Monaco (da "Il Romanista" del 29.11.2005)

L'intervista s’interrompe subito, alla prima risposta. Il tavolino del bar di Trigoria, davanti al divanetto in cui Damiano Tommasi sta per rilasciare la sua prima intervista da quando è tornato titolare della Roma, pende da una parte. Damiano si alza, guarda il tavolino, lo solleva da una parte, risistema la zampa, la guarda soddisfatto, si risiede. Ora si può cominciare. Ora l’armonia è totale. E forse basterebbe questo episodio a raccontare il suo mondo. Di uno che per noi vale più di un pallone d’oro.

11 Tommasi chiedeva ieri Il Romanista in prima pagina. Un premio per aver vinto la tua scommessa.

«A me interessava trovarne uno. E poi non credo che con undici Tommasi si vinca...».

Sei stato più contento per il gol o per aver retto senza problemi novanta minuti?

«Il gol non è il mio lavoro, ma la gioia dei miei compagni di squadra mi ha fatto capire quanta voglia ci fosse in tutti quanti di passare in vantaggio». Significativo che l’assist sia stato di Cassano. «Sono contento per lui, credo che lui stesso sia rimasto contento per aver fatto meglio che con lo Strasburgo».

Anche per la posizione che avevate in campo parlavate molto.

«Sì perché per entrambi c’erano dei meccanismi tattici da scoprire».

Sembrava avessi un atteggiamento paterno e dopo quella discussione a Trigoria di qualche giorno fa è sembrato singolare, anzi bello.

«L’episodio di qualche giorno fa è irrilevante. Parlavamo solo in funzione di quello che dovevamo fare sul campo. E’ una mia caratteristica, quella di tenere svegli e attenti i miei vicini di campo».

Scusa la curiosità, ma tu ormai giochi con lui da tanto tempo. Ti sembra cresciuto? Più maturo?

«Tutti crescono... L’esperienza insegna, no?».

Non è una perdita anche per la nazionale che stia fuori? Se uno viene dall’Indonesia come gli spiegheresti che non gioca?

«E come gli spiegheresti che il Real Madrid non è primo in classifica? Il calcio è uno sport collettivo. Mediaticamente ha il suo fascino, ma non si può parlare solo di un elemento. Gli Europei li ha vinti una squadra come la Grecia».

Torniamo a te. La voglia che avevi di giocare era evidente: talvolta ti mettevi in posizione che sembrava dovessi scattare per i cento metri.

«Voglia di giocare ne avevo tanta. E’ parecchio tempo che ce l’ho».

E’ ancora un divertimento?

«E’ soprattutto un divertimento».

Con gli anni è cambiata la percentuale?

«Prima dell’infortunio stava calando. Dopo l’’infortunio è tornata la voglia ed è salito il divertimento».

Eri contento per la presenza di tua moglie sugli spalti.

«Sì. Ma volevo anche onorare la memoria di quattro persone che non ci sono più. Intanto se ho giocato è perchè Amantino è volato in Brasile per la scomparsa del papà e questo evento ci ha profondamente rattristati. Così come piango la scomparsa di Luciano Fioravanti, di Luisa Petrucci, di Francesco Campanella. Persone che avrebbero gioito con me, ieri».

Come sei uscito dal tunnel, Damiano?

«Intanto per la bravura di chi mi ha assistito e per il fatto che non mi ero fatto poi troppo male. Di sicuro quello che conta di più è la passione. Nei giorni in cui vorresti restare a letto piuttosto che alzarti per andare a fare gli esercizi, se vai a fare gli esercizi è solo per la passione».

Hai mai visto il traguardo troppo lontano?

«Mai. Ho sempre saputo che dipendeva solo dal mio lavoro e che un eventuale esito negativo non avrebbe pesato sulla mia vita. Sono altre le cose importanti per me: mia moglie, la mia famiglia. E’ come affrontare una partita sapendo che il risultato qualunque esso sia non condizionerà il mio postpartita».

Hai mai pensato di smettere?

«Mai. Ci avevo cominciato a pensare quando giocavo. Dal giorno dell’infortunio non ci ho mai pensato. E tuttora non ci penso. Voglio godermi il momento e non pensare a nient’altro».

Quando hai capito che stavi per vincere la scommessa?

«Beh, i due mesi estivi trascorsi a Verona mi hanno fatto bene. Un paio di contrasti in partitella con Zaccaria mi ha fatto capire che potevo tornare a giocare».

Chi è Zaccaria?

«Uno dei miei fratelli. Ho Alfonso, 34 anni, Zaccaria, 32, Samuele, 20. E poi ho Anita, una sorella. Il primo ha avuto problemi più grossi dei miei, con tre operazioni alle ginocchia e da un anno ha smesso di giocare, l’altro è quello che ha fatto il test e anche lui nel 2004 s’è rotto il crociato. Non è stato un bell’anno...».

Hai detto di aver conosciuto in profondità Chivu nella lunga fase della riabilitazione. Lui ora non sembra perfettamente in sintonia con l’ambiente romano. Che idea te ne sei fatto?

«Roma non è facile per nessuno, figurarsi per uno che arriva dall’Ajax che fa scuola per tante società nel mondo, che atleticamente prepara i suoi giocatori in maniera diversa. Al di là del giocatore, io dico che Cristian è un ragazzo a posto.Non dimentichiamo che qui è stato criticato anche Aldair, c’era chi diceva che doveva smettere di giocare. Chi gioca a Roma può giocare dappertutto. qui le provi tutte, dalla contestazione all’esaltazione».

Ora c’è la società nell’occhio del ciclone.

«La società ha il diritto di fare come meglio crede. Certo che sentirsi contestati quando si è convinti di far bene può disorientare, come capita ad uno di noi quando gioca con lo stadio che fischia».

Imputano all’amministratore delegato Rosella Sensi di aver riservato parole dolci a Galliani e Moggi e più dure a Zeman, il tuo amico Zeman.

«Io Zeman lo conosco bene e ne ho un certo giudizio. Galliani e Moggi non li conosco personalmente, non saprei che cosa pensare di loro».

Non ti basta quello che si legge o si vede o si sente?

«Posso farmi un’idea di qualcosa. Ma se mi chiedi un giudizio approfondito non sono in grado di darlo».

Lavoreresti con Moggi?

«La mia scelta, ammesso e non concesso che una squadra di Moggi volesse ingaggiarmi, si fonderebbe su altri fattori. Sulla squadra, l’ambiente per la mia famiglia, magari l’allenatore, le prospettive, ecc. Non penserei ai dirigenti».

Davvero non pensi affatto al rinnovo del contratto?

«Penso a Belgrado, dove tra l’altro non posso andare perché non sono nelle liste Uefa, e a Lecce».

Ha fatto notizia la scelta del minimo sindacale.

«Per me la notizia era poter tornare a giocare».

Dove deve migliorare la Roma, secondo te?

«Nella continuità. Nell’atteggiamento in campo e nella volontà di crederci».

Condividi l’atteggiamento antirazzisti di Zoro?

«Ha dato una scossa. Ma bisogna sempre sottolineare a livello mediatico che chi ulula è una minoranza. Si vide a Roma-Leeds, qualcuno fece uh-uh, la maggioranza dello stadio fischiò. Per me è un gesto tanto poco intelligente che qualifica chi lo fa. Magari lo fanno senza pensarci. Se invece ci pensano, devono rivedere un po’ di cose».

Ti ha mai chiamato Lippi in questi tempi?

«Sì, due volte. La prima ai tempi dell’infortunio. Poi quando sono tornato a giocare».

Non è che per caso ha fatto cenno ai problemi che ha a centrocampo?

«Io volevo tornare a giocare. Non ho tra i miei obiettivi quello di raggiungere la Nazionale. Anche quando venni convocato, non fu perché ci pensai. Ma solo perché feci bene nella Roma».

Ti senti un esempio?

«Non voglio esserlo. Potrei esserlo se qualcuno avesse il mio stesso infortunio. Ma la casistica è bassa. E spero in questo senso di non esserlo mai».

Quando giochi pensi mai all’integrità del ginocchio?

«No, non mi è mai capitato di farlo».

Le tue figlie che cosa ti hanno detto?

«La più grande, Beatrice, ha visto i replay in tv e ha pensato che avessi segnato una tripletta. La secondogenita mi ha chiesto come avessi fatto a salutare e individuare mia moglie in tribuna».

E come hai fatto?

«Ho salutato verso il settore dove sapevo che sarebbe stata. Era con la più piccola. Erano infreddolite e sono andate a casa alla fine del primo tempo».

Tanto, avevano già visto tutto!

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Il sito di Lorenzo

Il tabellino di CoredeRoma


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