La prima e l'ultima partita
(postato su it.sport.calcio.roma il 20.03.2002, il giorno dopo Liverpool-Roma 2-0 e la conseguente eliminazione dalla Champions League 2001/02)
Esattamente diciannove anni fa, il 20 marzo del 1983, era una domenica.
Mancavano sette giornate alla fine del campionato, e la Roma capolista
giocava in casa contro l'Udinese. In campo la formazione titolare,
tranne Pruzzo infortunato: sulla fascia Chierico, con Bruno Conti più
avanzato. Zero a zero, un rigore colossale negato a Iorio, un
salvataggio sulla linea di Falcao con la palla che forse era già
entrata, una traversa di Vierchowod all'ultimo minuto, ma mi pare fosse gioco
fermo per un fallo fischiato un istante prima.
La mia prima partita allo stadio.
Avevo al collo una sciarpetta a righe orizzontali gialle e rosse, come
andavano allora, comprata pochi mesi prima alle bancarelle natalizie di
piazza navona: un regalo dei miei genitori, acquisto propiziatorio nei giorni
in cui la Roma si accingeva a diventare campione d'inverno.
Il mio debutto, in quella domenica di marzo, fu fortunato: è vero, mancarono il goal e la vittoria, ma anche la Juve quel giorno non andò oltre il pareggio in quel di Pisa, ed a 6 giornate dalla conclusione mantenevamo 3 punti di vantaggio sulla seconda in classifica. Ancora qualche settimana e il sogno tricolore divenne realtà, lo scudetto tornava sulle nostre maglie dopo 41 anni; l'8 maggio seguii alla radiolina il pareggio di Marassi che valeva la conquista matematica del titolo, per poi correre nelle strade di Monteverde sventolando il vessillo giallorosso; la domenica successiva raitre trasmise in diretta la festa di Roma-Torino, e dopo il fischio finale mio padre mi portò in macchina a strombazzare per la città impazzita.
Un anno dopo, la delusione di Roma-Liverpool. La finale di Coppa dei
Campioni in casa, i rigori, la coppa nelle mani degli inglesi nel nostro
stadio.
Al megaschermo del Circo Massimo prende la parola il sindaco Vetere, e
urla nel microfono "stasera abbiamo perso, ma prima o poi quella coppa
sarà nostra"! I telegiornali del giorno dopo fanno rimbalzare nelle
nostre case e nelle nostre menti quella promessa che tutti noi avevamo
tremendamente bisogno di fare a noi stessi. Non poteva finire così, e
allora tutti iniziammo ad aspettare: un'altra finale di Coppa dei
Campioni.
Due anni dopo mi abbono ai Distinti Sud, e la mia frequentazione delle
partite della magica diventa un appuntamento fisso ed inderogabile. Vado
domenicalmente allo stadio con un pensiero altrettanto fisso ed
altrettanto inderogabile: una nuova occasione di vincere quella coppa.
Ce la dovevano.
Ma sono anni bui, e ci sentiamo come chi aspetta il prossimo passaggio
di una cometa.
Passano altri sedici anni, prima che quell'occasione si ripresenti.
Sedici anni consecutivi sugli spalti per credere che la storia torni a
bussare una seconda volta. Capello, Batistuta, Totti, Montella. E' la
Roma giusta. Il 17 giugno 2001 torniamo finalmente Campioni d'Italia.
Impazzisco di gioia insieme alla città intera, e sono tentato di non
rinnovare l'abbonamento, mi dico che un giorno epico come quello di
Roma-Parma può degnamente chiudere una così lunga militanza... ma poi
penso che c'è ancora una cosa rimasta irrisolta, c'è ancora una cosa che
devo a me stesso, e che la Roma deve a me. Festeggio il tricolore con la
testa già alla Champions League della stagione che verrà, e rinnovo la
tessera pensando che è l'ultima volta. Perché la mia ultima partita
sugli spalti sarà a Glasgow, sede della finale 2002, dove vedrò il capitano della Roma alzare
quel trofeo.
Oddio - mi dico - in futuro qualche volta allo stadio ci tornerò, magari
qualche derby, qualche sfida europea, ogni tanto... ma la mia presenza
fissa e regolare sugli spalti ha da trovare il suo compimento, la sua
fine, in quella serata in terra scozzese. Ci sarò.
Vivo tutte le partite di questa stagione con questa convinzione, e
quando inizia la pausa invernale della Champions League inizio il conto
alla rovescia alla sfida di febbraio con il Barcellona. Con il tre a
zero del 26 febbraio conquistiamo il primo posto del girone, e il
pensiero corre già ai quarti di finale... nel 1984 ce la vedemmo con la
Dinamo Berlino, chi ci capiterà stavolta?
Ma c'è ancora da chiudere il girone... il pareggio in casa con il
Galatasaray, uno sguardo alla classifica, un incubo che tento di
scacciare dalla mente. Perché ancora una volta, sulla strada di quella
coppa, c'è il Liverpool. Noi contro loro, noi o loro.
...
Non andrò a Glasgow, nessuno di noi ci andrà.
E, contrariamente a quello che ho pensato in questi ultimi mesi,
rinnoverò la tessera anche per il prossimo anno.
Voglio stare ancora con la Roma, voglio vederla vincere la Coppa dei
Campioni. E' una ossessione che mi accompagna da quando avevo tredici
anni.
Ora ne ho trentuno, e all'Olimpico i miei vicini di seggiolino scherzano
spesso su quella sciarpetta a righe orizzontali così datata, sempre la
stessa da quel 20 marzo del 1983.
Fil, 20 marzo 2002
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