L'intervista del dopopartita
Tommasi: «Come fossi al debutto»
«Mi sono sentito ai tempi della Primavera
Ringrazio Panucci. E la gente per gli applausi»
di Tonino Cagnucci (da "Il Romanista" del 31.10.2005)
«La cosa più bella è stata aver restituito
alla famiglia, ai miei amici, l’immagine
di me in campo, con una maglietta
sudata, i calzoncini e un pallone». L’immagine di un
calciatore: Damiano Tommasi. La più bella di ieri.
Erano ventiquattro minuti e trentasette secondi del
secondo tempo di Roma-Ascoli. Domenica 30 ottobre.
C’è un brusio all’Olimpico, che cresce, che diventa
un boato, che diventa "tutti in piedi entra Damiano".
Tutti in piedi. C’è Tommasi dopo un anno e
mezzo, dopo l’incidente che fa male, il recupero che
fa pure più male, e tutti quei minuti da quel 22 luglio
2004 passati fino a questo minuto 24 senza contarli,
immaginando quest’attimo che troppi avevano
detto: no, non arriva. Chissà lui che sentiva...
«L’emozione l’ho vissuta in questi due mesi in cui
sono stato con la squadra. In cui sono tornato a lavorare
con la Roma. E’ stato come nei primi anni in
cui ero alla Primavera del Verona e aspettavo il debutto».
Un ri-nizio è sempre un inizio. Eccolo,
dopo Taggart, lo Stoke City, quel ginocchio che va
a pezzi a Irdning. Chissà che succede a Irdning in
questo momento mentre Tommasi torna a giocare
che è il 24’ e 37"? Chissà che fa Taggart, il difensore
nordirlandese con cui quel maledetto giorno
s’è scontrato. E lo Stoke City? Tutti gli altri che conoscono
questa storia di un giocatore con un ginocchio
esploso e dato per finito, ieri stavano lì in
piedi ad applaudirlo.
«Ringrazio il pubblico per
quell’applauso. La standing-ovation fa piacere anche
perché è una responsabilità da non tradire.
Ringrazio la gente». E di che? La cosa importante
è che sia stato come voleva lui, come sognava immaginandosi
di nuovo con la maglietta sudata, i
calzoncini e un pallone. Calciatore. «Mi ha fatto
piacere rientrare all’Olimpico davanti ai tifosi della
Roma perché in trasferta sarebbe stato diverso,
mi ha fatto piacere entrare in un momento che
contava, in una partita difficile, che era in bilico.
Sono contento perché vuol dire che Spalletti ha
avuto fiducia in me facendomi giocare quando ci
stanno da prendere tre punti, in una zona di campo
dove conta mettere il piede».
Ma quale è la zona giusta di chi il piede lo ha sempre
messo in qualsiasi parte del campo, e anche in
quell’amichevole contro lo Stoke City che ieri l’altro
ha perso 2-0 col Southampton? A un certo punto
non lo ha saputo neanche lui: «Quando sono entrato
per un attimo non sapevo dove andare a giocare,
la preoccupazione è stata quella: quando sono
entrato non potevo pensare ad altro che mettermi
bene in campo e fare meno danni possibili».
La paura
no. La paura era passata insieme a tutte le paure
della ricostruzione, del recupero, dell’intervento e
delle lastre del professor Pier Paolo Mariani, delle lacrime
dell’amico-procuratore Andrea Pretti, di chi
gli stava vicino e lui a dire a tutti «tranquilli». La
paura no: «Ho costruito la mia carriera su ogni pallone,
sull’andare in contrasto, se io torno a giocare
lo faccio con le mie caratteristiche. Io do il mio contributo
soprattutto quando non c’è la palla. La preoccupazione
di non aver paura era passata, c’era
quella della tenuta del ginocchio. Anzi, il mio rischio
adesso è fare falli che non dovrei fare perché
quando mi sono fatto male m’ero fermato: ora non
lo faccio più. E ora rischio di fare male agli altri».
Questa è da "anima candida" veramente. Ma questo
è Damiano Tommasi veramente, quello che ora
amerà pure poco questa specie di ritratti: per lui c’è
il lavoro che è il gioco del calcio, e tre punti da prendere
per fare bene la professione. Per la Roma: «Dobbiamo
giocare così come abbiamo fatto con l’Ascoli,
attenti e concentrati su ogni pallone, senza snobbare
l’avversario, credendoci in ogni azione di arrivarci.
Aiutandoci, perché il compagno è un aiuto,
non una difficioltà. Non dobbiamo mai dimenticarlo.
Questo è stato l’aspetto più importante della partita.
Al di là di me».
Lui è stata l’immagine più bella.
Il gesto invece che vale la foto ricordo per sempre,
pagine di AS Roma, è quello di Panucci che gli
consegna la fascia di capitano: «Ringrazio Christian
perché non era una cosa dovuta, mi ha fatto piacere
perché vuol dire che anche se è un anno e mezzo che
non giocavo forse ho dato qualcosa alla squadra».
Forse ieri pure di più. Quando era il minuto 24 e i secondi
37, e a Roma le 16.32 (per quelli che non pensano
in stagioni e tabellini) ed è entrato in campo
DamianoTommasi dopo tanto tanto tempo. «L’importante
è aver restituito la mia immagine da calciatore
alla famiglia, gli amici, Ci tenevo a parlare
sul campo, difficile dimostrare il contrario. Poi se
ho giocato bene o male non lo so...».
Eccolo: "mi diverto
solo se, solo se gioca Tommasi, gioca bene o
gioca male, lo vogliamo in Nazionale". E’ un canto.
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